Introduzione
C’è una luce che solo l’autunno sa donare.
Una luce obliqua, dorata, che accarezza i rami e svela dettagli che in estate restano invisibili.
Per chi fotografa — e per chi scrive — è un tempo prezioso: ogni raggio sembra voler raccontare qualcosa, ogni ombra custodisce una storia.L’autunno non è soltanto una stagione da osservare, ma un dialogo tra immagine e parola, tra ciò che vediamo e ciò che sentiamo.
📷 La fotografia come atto di ascolto
Fotografare in autunno significa imparare ad ascoltare la luce.
Non c’è bisogno di cercare la perfezione tecnica: basta lasciarsi guidare dal silenzio dei colori che cambiano.
Le foglie, il legno umido, i cieli bassi del Malcantone — tutto parla con voce propria.
È un esercizio di presenza: ogni scatto diventa un atto di consapevolezza.
A volte basta una sfumatura di nebbia per suggerire più emozioni di mille parole.

✍️ La scrittura come camera oscura dell’anima
Così come la fotografia cattura la luce, la scrittura cattura il tempo.
Ogni riga è come un negativo sviluppato nel buio del cuore: rivela ciò che prima non vedevamo.
Scrivere dopo aver fotografato — o fotografare dopo aver scritto — diventa un modo per unire visione e memoria.
L’autunno è la stagione ideale per questo dialogo: la natura stessa ci invita a fermarci, a osservare, a restituire senso a ciò che ci circonda.

📸 Parole e immagini: due linguaggi della stessa emozione
Spesso, quando torno a casa con la macchina fotografica piena di scatti, mi accorgo che alcune immagini chiedono parole, e alcune parole chiedono un’immagine.
È come se i due linguaggi si completassero.
Una foglia sospesa nell’aria diventa il simbolo di una scelta.
Un sentiero tra i castagni diventa metafora di un ritorno.
E ogni fotografia, se ascoltata, diventa una pagina non scritta di un diario interiore.

🍂 Conclusione
L’autunno ci ricorda che tutto muta, ma nulla si perde.
Le foglie cadono, ma la luce resta impressa — sulla pellicola, nel sensore, o nella memoria.
E ogni volta che guardiamo una fotografia o rileggiamo un testo, riviviamo quella luce, quell’istante, quella presenza.
Forse è questo, in fondo, il segreto del fotografare e dello scrivere: trasformare l’impermanenza in poesia.

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Le storie più intense saranno raccolte in un futuro articolo dedicato ai “Colori dell’anima”.

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